Animali Sociali
Settembre. Cena tra Scapigliate, una sera qualunque. Tra buon cibo e qualche caraffa di vino, stavamo definendo gli ultimi dettagli del progetto che avremmo di lì a poco esposto a Paratissima. “Animali Sociali”, titolo appena decretato, sarebbe stato una rilettura in chiave autobiografica e scanzonata del sinolo Aristotelico, la sintesi di materia e forma. Composizione fotografica a rappresentare la nuda materia priva di forma, e atto performativo per concretizzare l’idea di forma svuotata dalla materia. Il risultato? Metaforicamente, la perdita della nostra identità, di noi stesse e di tutto ciò che ci caratterizza. Rinunciare per una volta alla serie di peculiarità che ci rende uniche, e al personaggio che quotidianamente costruiamo intorno alla nostra figura. Infatti, i soggetti ritratti nelle fotografie che avevamo ideato saremmo state ovviamente noi, ma praticamente indistinguibili.

Stessa cosa per la performance: quattro entità del tutto identiche tra loro avrebbero sfilato per i corridoi della Caserma in cui la mostra era ospitata. Stessi vestiti, stessi accessori, stesse espressioni e movenze. In tutto e per tutto, le Scapigliate a Paratissima sarebbero state 4 cloni. Tornando alla cena, eravamo praticamente al dessert quando ha iniziato a farsi strada nei nostri discorsi l’opzione di portare quest’ultima parte del progetto ad un livello successivo; inizialmente per scherzo a dire il vero, quasi come un dispetto divertente, ma più ci ragionavamo sopra e più il tutto assumeva senso, coerente all’obiettivo della nostra analisi: e se l’ultimo giorno avessimo vestito in modo identico tra loro altre quattro persone? Quattro alter ego che avrebbero agito esattamente come noi, come il pubblico era abituato. Cosa sarebbe successo? Cosa sarebbe cambiato? È stato quello il momento in cui “Animali Sociali” ha iniziato ad essere a tutti gli effetti un esperimento, di cui noi quattro eravamo ideatrici e cavie. Siamo pian piano state trasportate dalla nostra ricerca, che si è in breve trasformata in un flusso di dettagli curiosi e imprevisti, a cui ci siamo definitivamente abbandonate e che hanno sorpreso anche noi, fino all’ultimo. Le fotografie sono risultate molto diverse da ciò che abbiamo fatto finora, anche come processo creativo. Abbiamo semplicemente scattato e assemblato. L’agglomerato di carne, unghie e peli che ne è risultato ha assunto tratti mostruosi e deformi, molto più inquietanti di quando avremmo immaginato all’inizio. E l’ultimo giorno, le quattro meravigliose sostitute, interpreti del nostro inganno, sono state trattate inaspettatamente come Scapigliate vere, a partire dall’entrata in scena geniale, che le ha viste accedere alla mostra dall’ingresso degli artisti, senza pass, con la più completa nonchalance, anzi salutate dallo staff che era ormai abituato alla “nostra” presenza, fino ad arrivate a quando sono state invitate loro quattro al nostro posto per ritirare il premio che ci era stato assegnato. Con i cinque giorni di Paratissima abbiamo a nostro modo dimostrato che si perdono davvero le tracce della sostanza se materia e forma vengono scisse ed isolate. Che, anche nella finzione di una performance, le più banali dinamiche sociali sono completamente compromesse. E infine, che per quanto possiamo pianificare e rifinire i nostri progetti, la parte migliore saranno sempre i dettagli che non avevamo previsto.
https://www.instagram.com/le.scapigliate/
Foto di:
Martino Zattarin
Federico Masini
Giovanni Antona
Alessio De Cicco
Le Scapigliate